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La Liguria presenta in successione sincopata una sequenza verticale di ambienti, da quelli litoranei a quelli montani dei 1.500–2.000m d’altitudine, nei quali il paesaggio mediterraneo si è sviluppato in tutti i suoi aspetti, su porzioni di territorio ristrette. Per fare un esempio, esistono nel Mediterraneo relazioni tra i paesaggi della costa e quelli dell’alta montagna che si stabilirono attraverso i percorsi di transumanza, i quali in Adriatico, tra Puglia e Abruzzo, si sviluppavano per centinaia di chilometri, mentre nel Ponente ligure si riducevano ad alcune decine di chilometri.
Se la Liguria può quindi essere considerata un particolare concentrato di Mediterraneo, il sito iscritto può essere considerato come un’esasperazione del paesaggio ligure.
Da questo punto di vista, il valore universale del sito risiede anche nella sua esemplarità: in esso si possono ritrovare in uno spazio ristretto non pochi degli elementi che rendono caratteristico e riconoscibile il paesaggio mediterraneo.
Tuttavia manca quella fascia costiera che pure esiste nel resto della Liguria, “scarna lingua di terra che orla il mare” (Camillo Sbarbaro); sicché esso può essere interpretato come l’estensione del sistema insediativo rurale della retrostante Val di Vara, la quale, nonostante la sua vicinanza al mare, ha aspetto e carattere montano.

L’interazione tra gli esseri umani e la natura è una dimensione tipica dei paesaggi culturali e in ciascuno di essi assume una particolare declinazione.
Essa può essere individuata:

  • nell’adattamento degli abitati alle condizioni morfologiche: di foce, di promontorio, di sella, di versante.
  • nelle sistemazioni dei versanti, terrazzamenti e regimazioni delle acque;
  • nelle colture che rispondono alle caratteristiche del suolo e all’esposizione;
  • nel mosaico paesaggistico che risulta dalla combinazione dei fattori su indicati in relazione anche alle dimensioni degli appezzamenti coltivati, agli usi del suolo.

Queste considerazioni costituiscono una premessa necessaria per spiegare il senso della rappresentazione del paesaggio culturale del sito, dalla quale deriva l’individuazione di determinati attributi.

La serie dei borghi costieri e dei nuclei rurali di versante

Da ovest ad est, i borghi sul mare hanno un retroterra che si fa sempre più limitato, così come diminuisce la possibilità di attracco da mare. Monterosso ha alle spalle due valli ed è l’unica località dotata di una vera spiaggia, dove è agevole l’alaggio. Vernazza occupa la strozzatura finale di un ampio bacino a conca e dispone di una piccola insenatura relativamente riparata. Corniglia è situata su uno sperone alto sul mare, dal quale di può discendere ad un modesto approdo. Manarola e Riomaggiore stanno al fondo di valli strette e occupano foci dove si tocca terra con difficoltà, anche con piccole imbarcazioni, per mancanza di ripari naturali e presenza di scogli affioranti. Nella porzione di Tramonti il litorale è ridottissimo e spesso inaccessibile; qui i nuclei di edifici (Monesteroli, Schiara e almeno in parte Porciana) non sono veri villaggi ma dipendenze dei borghi che si trovano sul crinale (Campiglia) o addirittura oltre lo spartiacque, verso La Spezia (Biassa); si tratta di un mondo fatto soprattutto di relazioni di prossimità. In contrasto con questa “montagna sul mare”, Porto Venere rappresenta l’altra faccia della Liguria (e del mondo mediterraneo): non solo punto d’attracco, ma centro di scambi dal carattere decisamente urbano (ancorché di piccole dimensioni) aperto alle relazioni oltre mare con luoghi lontani e a contatti discontinui.
La successione dei paesaggi non è quindi solo quella trasversale, dal litorale al crinale spartiacque, ma è anche quella longitudinale – dal borgo marittimo con un entroterra agricolo, al paesaggio rurale che si interrompe bruscamente al limite della falesia, alla città di mare.
All’interno del sistema insediativo si possono inoltre distinguere categorie di elementi di particolare rilevanza, come i santuari e le costruzioni difensive, quale traccia del sistema insediativo antico che caratterizza punti notevoli e panoramici dei nuclei insediati o del paesaggio.

I terrazzamenti e le sistemazioni idraulico‐agrarie nel territorio

Le sistemazioni idraulico‐agrarie nel territorio del sito costituiscono una delle componenti essenziali della diversità bioculturale rappresentata dal paesaggio delle Cinque Terre. Essi hanno origine medievale e riguardano due principali tipologie: i terrazzi realizzati con pietra murata a secco e i ciglioni inerbiti.
I sistemi terrazzati riguardano una superficie totale di circa 370 ettari, disposti su una fascia altitudinale compresa fra i 2 e i 620 m s.l.m., mentre i sistemi a ciglioni, le “cuighe”, attualmente non superano i 10 ha di estensione e sono presenti principalmente nelle valli interne nei comuni di Monterosso, Pignone e Vernazza, su pendenze più dolci. Le esposizioni sud, sud‐est e sud‐ovest riguardano più del 60% dei terrazzamenti, pressoché egualmente distribuiti, ma la loro presenza è segnalata su tutte le esposizioni, anche quelle a nord. Le classi di pendenza vanno dal 24% al 138%, con una prevalenza delle acclività fra il 38% e il 70%. Si tratta di pendenze notevoli, non solo dal punto di vista del lavoro umano necessario e della ridotta accessibilità dei versanti, ma anche dal punto di vista tecnico.
Quanto sopra conferma come le esigenze della produzione alimentare in questo territorio siano state solo in parte condizionate dalle caratteristiche ambientali. La cultura delle popolazioni locali è stata in grado di comprendere sia le caratteristiche dei sistemi ambientali, sia le necessità delle colture agricole, sviluppando una civiltà rurale che ha impresso le sue forme alla base naturale, costruendo un paesaggio bioculturale.
La struttura dei muri a secco si articola in diverse tipologie in termini di materiali costruttivi, forma, spessore, altezza. La forma prevalente riguarda muri la cui testa si trova a filo del piano coltivato, una tipologia diffusa su tutto il territorio del sito. Sono presenti in misura minore anche terrazzamenti con muri la cui testa sporge al di sopra del piano coltivato. Tali strutture presentano diverse caratteristiche rispetto alla regimazione delle acque e alla protezione dai venti, ma rispondono alla comune esigenza di realizzare superfici coltivabili, evitare i ristagni di acqua e ridurre la velocità di deflusso. L’altezza dei terrazzi varia fra 1,50 e 3,50 m. La larghezza del terrazzo è ugualmente variabile, fra 2 e 10 metri, mentre la pendenza del terreno del terrazzo, la “lenza”, varia fra il 15% ed il 40%. Riguardo alla natura litologica dei materiali costruttivi questa è legata ai litotipi presenti nelle formazioni geologiche del substrato roccioso locale. Muri a malta di calce sono invece presenti in alcune aree, più spesso nelle zone di fondovalle in prossimità dei borghi.

Le colture agricole terrazzate

Le colture agricole terrazzate sono costituite da oliveti, vigneti, seminativi, frutteti ed orti, in forma di monocolture o policolture. Le colture principali sono il vigneto, con 145 ha e l’oliveto con 176 ha, le quali rappresentano l’86% delle coltivazioni presenti sui terrazzamenti. La loro articolazione nel paesaggio rurale mostra ulteriori diversificazioni, risultato della evoluzione storica delle tecniche agricole, in termini di architettura degli impianti e forme di allevamento. Per quanto riguarda i vigneti, la tecnica di allevamento più caratteristica del sito è la “pergola bassa”, estesa per circa 64 ha. È costituita da un’intelaiatura con palo in legno e filo di ferro su cui si allevano le viti, realizzando un “tappeto” vitato che si sviluppa in modo continuo occupando quasi l’intera superficie dei terrazzi.
Il piano della pergola è inclinato verso valle, con altezze di circa 140‐160 cm verso la parte a monte e di circa 60‐80 cm, verso la parte a valle. Tale struttura consente di ridurre gli effetti negativi dei venti marini che per effetto del muro a secco e della struttura a tappeto, “scivolano” sopra la vigna riducendo il loro impatto. Questa tecnica di allevamento costringe a vendemmiare al di sotto della pergola, in posizione carponi, con un lavoro faticoso che richiede un alto dispendio di energie e non consente la meccanizzazione. La forma di allevamento a spalliera riguarda circa 81 ha e rappresenta la forma di allevamento più moderna. Questa tecnica crea un’architettura a filari disposti in più linee parallele secondo lo sviluppo del terrazzamento. Entrambe le forme di allevamento utilizzano prevalentemente i tre vitigni tipici delle Cinque Terre: Bosco, Albarola e Vermentino. Le produzioni dei vini sono regolate dai disciplinari di produzione: DOC Cinque Terre e Cinque Terre Sciacchetrà, DOC Colli di Luni, DOC Colline di Levanto, IGT Liguria di Levante (ex IGT Golfo dei Poeti).
Gli oliveti terrazzati si caratterizzano per architetture generalmente lineari, con file continue più spesso singole, disposte longitudinalmente ai terrazzi. Le tecniche di allevamento tradizionali prevedono un portamento arboreo della pianta che si sviluppa in forma globosa. In alcune piccole aree isolate, caratterizzate da terrazzi di grandi dimensioni in zone poco acclivi, è presente anche un’architettura a sesto di impianto sparso e/o con filari più numerosi.
Diffusi sono anche i terrazzi coltivati con specie orticole e alberi da frutto, tra cui agrumi.

I querceti sempreverdi e i boschi di castagno

Il paesaggio del sito comprende anche alcuni boschi particolarmente legati alla storia e alla cultura delle popolazioni locali che li hanno utilizzati durante i secoli per rispondere alle esigenze di produzione di legna, carbone, legname e frutti. Come per i terrazzamenti sono parte fondamentale della diversità bioculturale del paesaggio delle Cinque Terre, essendo stati modellati dall’opera dell’uomo nel corso dei secoli.
I castagneti da frutto rappresentano il bosco culturale per eccellenza, la loro introduzione risale al periodo romano, e sono distribuiti in tutto l’Appennino ligure; nel territorio del sito sono già descritti nel periodo medievale come la coltura forestale più redditizia, talvolta più del vigneto. Si tratta di un bosco multifunzionale che forniva alle popolazioni locali una vasta gamma di prodotti quali castagne per l’alimentazione, foglie da foraggio, cortecce da cui si estraeva tannino per la concia delle pelli, nel caso dei boschi di alto fusto, oltre che carbone e materiale da opera, nella forma di governo a ceduo.
Il ceduo di castagno, una forma di governo forestale già in uso durante il periodo romano, fornisce inoltre la paleria in legno per la costruzione delle pergole, oltre a materiale da costruzione per le abitazioni e gli annessi rurali. Il castagneto di valore storico è distribuito nelle pendenze più elevate e nei suoli più profondi, in vari nuclei dislocati soprattutto nella parte nord del sito, nei comuni di Monterosso e Vernazza.
I boschi di querce sempreverdi, in particolare i boschi di leccio e sughera, sono un altro elemento che contraddistingue l’identità del sito. Tali tipologie, oltre a costituire formazioni autoctone tipiche del clima mediterraneo e dei suoli presenti nell’area, presentano caratteristiche di struttura che sono il risultato delle influenze antropiche di lungo periodo. Assieme alla forma ad alto fusto, abbiamo anche boschi cedui, che rappresentano forme di gestione rilevanti dal punto di vista storico e culturale. I boschi di querce sempreverdi sono distribuiti in tutto il territorio del sito, prevalentemente ad altitudini medie e basse, essendo caratteristici delle zone più calde e di suoli più poveri e asciutti.